Charles Eisenstein

agosto 2020

 Forse ricorderete il caso della dottoressa Stella Immanuel, che ora è sepolto nella spazzatura del ciclo delle notizie. Vorrei riportarlo alla luce per un momento, perché i suoi resti rivelano un razzismo culturale nascosto che colpisce la sinistra, presumibilmente antirazzista, almeno quanto la destra tradizionale.

La dott.ssa Immanuel, un medico del Camerun che ha studiato in Nigeria, ha partecipato a una conferenza stampa organizzata dalla destra in cui una serie di medici ha espresso opinioni dissenzienti sulla politica pubblica relativa al Covid. Ha descritto i suoi successi clinici nel trattamento del Covid con una combinazione di zinco, Zithromax e HCQ (idrossiclorochina) – quest’ultima è stata, ovviamente, offuscata dalla sua associazione con Donald Trump e letteralmente eliminata dalla farmacopea anti-Covid negli Stati Uniti e in molti altri paesi occidentali. La dott.ssa Immanuel ha anche parlato dell’uso massiccio di idrossiclorochina in Africa, dove è un farmaco antimalarico ben noto ai medici, e ha esortato i medici americani a fidarsi dei loro colleghi africani, che sono veri medici e non userebbero il farmaco se non funzionasse.

Non ho un’opinione categorica sull’idrossiclorochina, una sostanza chimica che studi clinici negli Stati Uniti hanno dimostrato funzionare abbastanza bene sui repubblicani. Scherzi a parte, è impossibile formarsi un’opinione su questo farmaco in quanto è immerso in una nebbia di pettegolezzi politici, una nebbia che nasconde anche questioni più essenziali del fatto che sia efficace o meno: domande su Big Pharma, sul finanziamento della ricerca medica e sull’imperialismo culturale.

Nel giro di poche ore, la conferenza stampa è stata bandita da Youtube, Facebook e Twitter, e i media hanno ferocemente criticato i medici, in particolare la dott.ssa Immanuel. Ecco un tipico esempio di squalifica da parte di The Daily Beast:

“La dott.ssa Immanuel, pediatra e pastora, è abituata a fare dichiarazioni bizzarre su questioni mediche; tra le altre cose ha spesso affermato che problemi ginecologici come cisti ed endometriosi si riscontrano in persone che fanno sesso in sogno con demoni e stregoni.

Sostiene che DNA alieno viene utilizzato oggi in alcuni trattamenti medici e che gli scienziati stanno preparando un vaccino che impedirà alle persone di avere una vita spirituale. E, nonostante il fatto che si sia recata a Washington lunedì per fare pressione sul Congresso, ha affermato che il governo è gestito, in parte, non da umani ma da ‘rettiliani’ e altri alieni”.

Altri commentatori hanno portato alla luce alcuni video della dott.ssa Immanuel che esegue esorcismi per scacciare gli spiriti maligni. Il ragionamento è, ovviamente, che non si può ascoltare l’opinione di una persona del genere su questioni di politica sanitaria.

Il razzismo presente in questa critica ha poco a che fare con il fatto che il suo bersaglio abbia la pelle nera; incarna piuttosto una complessa superiorità culturale così radicata, che i suoi precetti sembrano, a coloro che vi sono immersi, costituire la realtà stessa.

Diamo prima un’occhiata alla ‘strana’ idea che i problemi ginecologici derivino da rapporti sessuali avuti in sogno con demoni e stregoni. Queste idee sono abbastanza comuni nelle culture indigene e tradizionali; l’idea più generale è che interazioni inappropriate o sfortunate con il mondo degli spiriti, degli antenati, degli stregoni, ecc., possono causare malattie, lesioni o disgrazie finanziarie. Pertanto, i guaritori curano le malattie esorcizzando gli spiriti maligni, rimuovendo maledizioni, negoziando con gli antenati, scacciando i fantasmi, e così via.

La maggior parte di coloro che appartengono a queste culture ritiene che questi metodi siano efficaci. Perché ci credono? Ci sono due possibilità:

  1. Impantanati nell’ignoranza e nella superstizione, non hanno ancora incontrato la luce della scienza moderna, che rivelerebbe immediatamente l’assurdità delle loro credenze primitive e li porterebbe nel mondo illuminato della prova, della ragione e della verità. Sono meno avanzati di noi, e il progresso, per loro, consiste nell’adottare il nostro modo superiore di concepire il mondo.
  2. Credono in quei metodi perché funzionano: ciò significa che quelle persone non sono meno intelligenti, meno pragmatiche, meno razionali e meno perspicaci di noi.

Ridicolizzereste un abitante di un villaggio indù che afferma che la terra poggia sul dorso di una tartaruga? Ridicolizzereste un nativo nordamericano Hopi o Diné che sostiene che Nonna Ragno tesse il mondo? Sappiamo che è meglio evitarlo, ma il facile rifiuto delle idee di altre culture sulla salute e la malattia contiene un residuo di questa ridicolizzazione.

L’altro, quello strano essere

Un inciso biografico. Quando sono arrivato a Taiwan da adolescente nel 1987, ho scoperto una cultura in cui credenze e fenomeni che consideravo bizzarri erano all’ordine del giorno. Le persone reclutavano dangji (versione taiwanese dal termine mandarino jitong, sciamano) e sacerdoti taoisti per situazioni di ogni genere: malattie, problemi negli affari, problemi familiari, incidente in un cantiere, fantasmi, ecc. Le persone erano generalmente soddisfatte dei loro servizi, e persino le persone istruite e le grandi aziende li reclutavano (così come ricorrevano ad esperti di feng shui, ad astrologi, ecc.) non appena iniziavano qualcosa, pianificavano un matrimonio o avviavano una nuova attività. A quell’età, ero già sotto l’influenza del pensiero post-coloniale ed ero riluttante a scartare a priori queste pratiche, un gesto che avrebbe implicato la certezza paternalistica che i miei modi di vivere e di conoscere erano superiori ai loro. Capivo che questo tipo di rifiuto faceva parte di un consueto modello coloniale di assoggettamento. Siamo assolutamente sicuri che i nostri modi di fare le cose siano i migliori?

Il tipo di esorcismo praticato dalla dott.ssa Immanuel, che è solo uno strato di sincretismo cristiano posto sopra una precedente visione panteistica del mondo, è “bizzarro” solo per una mente chiusa in se stessa e vincolata alla cultura occidentale. I media hanno definito la dott.ssa Immanuel come una “strega“, una “pazza” e, come si legge in Live Leak, una “sacerdotessa vodù, credulona e folle”, che ha studiato medicina… aspetta… in Nigeria! (Probabilmente il paese dei truffatori online? Uno dei “paesi di merda” citati da Trump?). L’uso stesso della parola “vodù” in senso spregiativo illustra perfettamente ciò che intendo dire, dal momento che il vodù è l’epitome delle ricche tradizioni sincretistiche attraverso cui i nativi hanno affrontato l’assalto del colonialismo e del cristianesimo, dando l’impressione di essersi convertiti ma in realtà praticando il contrario, cioè incorporando la religione del conquistatore nella propria cultura. Chiunque usi la parola “vodù” per definire l’ignoranza di qualcuno sta solo dimostrando la propria.

Questo tono spregiativo si ritrova in tutto il trattamento che i mezzi di comunicazione mainstream riservano alle terapie non occidentali per la Covid-19 (e alla medicina non occidentale in generale). Prendiamo ad esempio la medicina tradizionale cinese (MTC), che è stata utilizzata sul 90% dei pazienti Covid-19 in Cina. Mentre il popolo e il governo cinese ripongono una certa fiducia nell’efficacia terapeutica delle sei principali formule a base di erbe utilizzate per trattare la Covid-19 (alcune delle quali hanno diverse migliaia di anni), la stampa scientifica e popolare occidentale ne sa di più. Ecco alcune citazioni significative:

Nature:

“La Cina sta promuovendo trattamenti per il coronavirus basati su medicine tradizionali infondate”.

“Per quanto riguarda la MTC, non ci sono prove convincenti e quindi il suo uso non è solo ingiustificato, ma può essere pericoloso”.

NBC News (sottotitolo: “Gli scienziati lo sconsigliano”):

“[La medicina tradizionale cinese] può anche dare ai pazienti un falso senso di sicurezza, inducendoli a trascurare terapie o farmaci comprovati”.

“I rimedi erboristici – che la Cina esporta nei suoi sforzi per combattere il coronavirus in tutto il mondo – comportano rischi diretti e indiretti per i pazienti”.

BBC:

“La mancanza di standard e il numero molto basso di studi clinici hanno ostacolato l’adozione diffusa della MTC”.

“Alcuni critici dicono che la Cina sta ora usando la pandemia per promuovere [la medicina tradizionale cinese] all’estero”.

Un atteggiamento di rispetto nei confronti delle altre culture non sarebbe così rapido nello squalificare una tradizione medica ricca di migliaia di anni di esperienza clinica e di perfezionamento, praticata da centinaia di migliaia di medici. I cinesi da soli ricorrono ogni anno a quasi 2,5 miliardi di visite presso questi medici. Immaginare che siano stati sotto l’influenza di un delirio collettivo per migliaia di anni è una sorta di pigrizia e di arroganza culturale. È la mentalità del “non devono essere intelligenti, razionali, attenti alle prove come lo siamo noi. Il progresso per loro sarà quello di adottare la nostra medicina. Possiamo farli progredire portando loro il nostro know-how, perché ne sappiamo più di loro”.

Sarebbe sbagliato attribuire il rifiuto della medicina tradizionale cinese a un razzismo esplicito. L’establishment medico occidentale la rifiuta in primo luogo perché non vuole esaminarla seriamente. Dopo tutto, che cosa potrebbe mai eguagliare la scienza? Inoltre, un fraintendimento culturale della filosofia che sta alla base della MTC riduce un insieme sofisticato, coerente e autosufficiente di paradigmi a un corpus rozzo e aleatorio di effetti placebo, superstizioni e congetture. Questo complesso di superiorità culturale presuppone che noi ne sappiamo di più, che i nostri standard di valutazione sono più esigenti, che sappiamo rilevare errori evidenti nel ragionamento e nelle prove, cosa che loro non sanno fare. Pertanto, gli esperti citati da Nature e dalla NBC screditano la MTC sulla base del fatto che “utilizza termini vaghi e concetti non farmacologici, o sperimenta troppe combinazioni diverse di erbe per essere in grado di analizzare i loro effetti specifici”. Cosa sono i “concetti non farmacologici”? Cose come “il calore del vento”, “il qi della milza” o “il fuoco del fegato”. Per la mente scientifica occidentale culturalmente condizionata, queste sono cose senza senso.

Hanno senso solo se accettiamo la possibilità che un’altra cultura possa comprendere il mondo in un modo perspicace e fruttuoso come il nostro usando un vocabolario concettuale del tutto differente. Per quanto riguarda le “troppe combinazioni diverse di erbe”, ciò denota una cecità ancora più fondamentale. La MTC è olistica e le sue formule sono irriducibili. Il tutto è maggiore della somma delle parti. Le formule della MTC a base di erbe lavorano sinergicamente. Il consueto metodo sperimentale di isolamento delle variabili e identificazione dei principi attivi (che possono quindi diventare la base dei farmaci) è l’antitesi della diagnostica di base e delle terapie della medicina tradizionale cinese. Per quanto riguarda “l’assenza di standard”, ciò è dovuto al fatto che la prescrizione dei rimedi e il loro dosaggio sono personalizzati. Esigere che la ricerca della MTC si attenga a pratiche standardizzate e riduzionistiche è un atto di imperialismo culturale, giustificabile se, e solo se, la struttura conoscitiva della nostra cultura è superiore alla loro.

Potrei fare argomentazioni analoghe sulla medicina, o meglio sulle medicine africane. Sebbene non abbiano alle loro spalle diverse migliaia di anni di storia scritta, anch’esse sono il risultato di visioni del mondo e di sistemi di conoscenza intelligenti. Anche i medici africani scientificamente formati come la dott.ssa Immanuel possono trarne utili ispirazioni per il loro ragionamento medico. Questo potrebbe spiegare il motivo per cui in gran parte dell’Africa l’Artemisia annua, o assenzio dolce, è popolare per il trattamento della Covid-19. Come l’idrossiclorochina, l’Artemisia annua è un rimedio per la malaria, ed è stata ferocemente messa al bando dall’industria farmaceutica. (Si veda questo emozionante film prodotto dalla televisione pubblica francese: The malaria business: Big pharma vs natural medicine).

Utilizzata da migliaia di anni anche in Cina per le malattie febbrili, è vietata in molti paesi con il pretesto che contiene componenti tossici. In effetti, se si esaminano le dozzine di sostanze chimiche attive che contiene, se ne trovano alcune che, in dosi elevate e concentrate, causano malattie (questo è ciò che è stato fatto per giustificare il suo divieto). In ogni caso, la pianta è attualmente presa di mira da quando il presidente del Madagascar (sì, proprio il Madagascar…) ha propagandato la sua efficacia nel trattamento della Covid-19. I media occidentali hanno reagito in modo molto prevedibile con titoli come: “Nonostante gli avvertimenti dell’OMS e senza alcuna prova scientifica, alcune nazioni africane si stanno rivolgendo a un tonico a base di erbe per cercare di curare la Covid-19”. Ah, quegli arretrati di africani! La frase preferita in questi titoli era: “senza alcuna prova “. E anche “cura miracolosa” (espressione impropria e aspra – non l’ho mai sentita pronunciare da nessun vero africano). Ho pensato che ovviamente “non ci sono prove”, dal momento che le terapie a base di erbe non beneficiano dei miliardi di dollari che finanziano la ricerca farmaceutica, e l’istituzione medica è totalmente ignorante su come usarle o è decisamente ostile nei loro confronti. Ciò che voglio dire, qui, è che questa ignoranza, questa denigrazione sistematica e retorica delle medicine a base di erbe fa anche parte di un’egemonia culturale che trasmette con zelo missionario il suo vangelo scientifico ai più arretrati.

Imperialismo ontologico

Tutto ciò non significa che la medicina moderna non abbia nulla da offrire alle culture tradizionali. In effetti, la stessa dott.ssa Immanuel ha frequentato una facoltà di medicina, pratica la medicina in Texas e sostiene una combinazione di tre sostanze farmaceutiche moderne. Questa capacità di lavorare in molteplici realtà o in molteplici mitologie è una caratteristica fondamentale della psicologia non-moderna. Si contrappone al dominio ontologico della cultura “bianca”, che dice agli altri ciò che è vero ed esclude altri sistemi di conoscenza, li considera superstizioni, li tollera come soggetti antropologici, attribuisce loro verità metaforiche di second’ordine o li feticizza inserendoli nella categoria sottilmente paternalistica della “saggezza nativa”.

Ho messo “bianca” tra virgolette, perché tutto ciò ha solo una relazione incidentale con il colore della pelle, come affermerebbe qualsiasi Sami dalla pelle chiara (Finlandia) o qualsiasi altro indigeno. Tuttavia, anche qui è all’opera una sorta di ‘imbiancatura’: il mondo intero è dipinto con il tono pallido di un unico paradigma omogeneizzante. Inoltre, sono state le culture dalla pelle chiara a sviluppare al massimo la mitologia della modernità e a diffonderla in tutto il mondo. I missionari cristiani hanno dato l’esempio che i missionari economici e scientifici hanno seguito.

Di conseguenza, sono in gioco qui due livelli di imperialismo ontologico. Il primo è semplicemente: “Noi abbiamo ragione e voi avete torto”. Il secondo, più sottile, è: “Solo uno di noi può avere ragione, perché le nostre opinioni sono contraddittorie. O l’uno o l’altro”. Ma un indù potrebbe non avere problemi a dire che il mondo poggia sul dorso di una tartaruga e che proviene anche da un’accrezione di meteoriti. Inoltre, potrebbe affermarlo senza attribuire uno status più reale a una cosa o all’altra, dicendo ad esempio che il disco di accrezione è reale e la tartaruga è metaforica. Nessuna delle due prospettive ha bisogno di dominare l’altra.

Riuscite a vedere la relazione tra dominazione ontologica e altre forme di dominazione (economica, politica)? L’abitudine al dominio ontologico è ciò che potrebbe portarvi a dirmi: “Charles, ma tu credi davvero che il sesso con i demoni possa realmente essere la causa di problemi ginecologici? Tu credi che ci sia realmente DNA alieno in certi trattamenti medici, o che alcuni rettiliani extraterrestri si siano realmente infiltrati nel governo? Come cultura, non siamo abituati a usare diverse mitologie, spostandoci dall’una all’altra a seconda dei casi. Le domande di cui sopra evidenziano la supremazia ontologica contenuta nella parola “realmente”. Per seguire un modello diverso, risponderei loro come segue: normalmente non mi muovo in una storia del mondo che include streghe, demoni, alieni e rettiliani. Normalmente non penso in questi termini. Più frequentemente, ma ancora non normalmente, penso in termini di “qi della milza” o di “calore del vento”. Ma non denigro e non rifiuto nessuna di queste storie del mondo. Adotto un atteggiamento di curiosità e di rispetto. Qual è il loro potere e quali sono i loro limiti? Che cosa si diventa entrandovi? Che cosa si guadagna e che cosa si perde? Come si vede il mondo nei loro termini? Quali pensieri e quali percezioni sono disponibili quando si parla quella lingua? Pongo queste stesse domande nei confronti della scienza e della medicina moderne.

Questa mancanza di attaccamento a una storia del mondo standardizzata e omogeneizzante offre diversi vantaggi. In primo luogo, si può godere dei benefici della medicina tradizionale cinese o della competenza di un esorcista vodù quando la medicina moderna fallisce (a causa della sua stessa configurazione in termini di “potere e limiti”). Nella mia vita ho senza dubbio beneficiato di tutte e tre le cose (principalmente della MTC, ma sono stato anche aiutato una volta da un esorcismo, e sono grato alla moderna odontoiatria d’urgenza, senza la quale probabilmente sarei morto). In secondo luogo, se non ci leghiamo ad un’Unica Vera Realtà, diventiamo meno timorosi dell’incertezza e del cambiamento, più adattabili, più flessibili e più ingegnosi. In terzo luogo, siamo in grado di interagire con rispetto con persone di altre culture e con altre storie del mondo, senza l’inevitabile razzismo paternalistico di pensare che ne sappiamo più di loro. Questo è il vero rispetto. Il rispetto è la disponibilità ad essere accolti nel mondo degli altri, a onorare i loro costumi e ad imparare la loro lingua. Gli attuali dibattiti sull’appropriazione culturale potrebbero svanire se comprendessimo lo spirito dell’ospitare e dell’essere ospitati quando ci sediamo alla tavola culturale l’uno dell’altro. Se hai mai viaggiato all’estero, potresti aver notato quanto le persone apprezzino anche un modesto tentativo di imparare la loro lingua. Il rispetto apre la porta dell’accoglienza. Lo stesso vale per il linguaggio delle credenze.

Questo non deve essere interpretato come un’argomentazione a favore dell’idea post-moderna che la verità è solo un costrutto culturale umano intriso di potere. C’è un modo misterioso in cui è vero che il mondo poggia sul dorso di una tartaruga, e in cui non è vero che il Mostro degli Spaghetti Volanti[1] ha creato il mondo. La verità viene scoperta o rivelata, non costruita.

Forse perché risuona di verità, la tartaruga che regge il mondo appare in molte mitologie non correlate tra loro, in India, in Cina e nell’America settentrionale. Per quanto riguarda l’accrezione planetaria primordiale, c’è un significativo disaccordo tra gli astronomi su come si formano i pianeti (lo dico a titolo puramente indicativo).

Ora qualcuno può andare a modificare la mia pagina (già molto imprecisa) su Wikipedia e scrivere: “Eisenstein sostiene che il mondo poggia davvero sul dorso di una tartaruga”.

Includere o cancellare?

Gran parte degli attivisti apparentemente antirazzisti portano con sé il bagaglio del razzismo culturale che ho appena descritto. Sulla base di una fede assoluta nella propria superiorità culturale, ritengono che la soluzione dell’ingiustizia razziale consista nel garantire alle razze oppresse pari accesso ai frutti di cui loro godono. La dottrina vittoriana del “fardello dell’uomo bianco”[2] si nasconde nella zelante campagna per “sviluppare”, “modernizzare”, portare i benefici della tecnologia a tutti i popoli del mondo, rimodellare i loro sistemi medici, educativi, agricoli, economici e politici a immagine dell’Occidente. Bisogna ricordare che alcune delle azioni più atroci di oppressione razziale sono state commesse in nome della volontà di elevare i selvaggi, di evangelizzare i pagani. Ad esempio, lo sradicamento di due o tre generazioni di nativi americani dalle loro famiglie e il loro trasferimento forzato in scuole residenziali, dove la loro lingua e la loro cultura sono state deliberatamente rimosse, era intriso di quelli che erano ritenuti alti ideali. L’idea era di includerli nel melting pot americano, di renderli come noi, di sostituire una cultura arretrata, superstiziosa, inferiore, con una cultura moderna e superiore.

Oggi facciamo eco a quell’atteggiamento quando facciamo dell’antirazzismo soprattutto una questione di come le persone di colore sono sotto-rappresentate, in quanto sono all’incirca l’1% tra gli amministratori delegati, i medici, i professori, ecc., oppure sovra-rappresentate nelle fila dei poveri o dei detenuti. Anche se queste disparità derivano da un razzismo reale, attuale e, soprattutto, storico, concentrarsi solo su di esse comporta il rischio di trascurare un’ingiustizia sistemica più profonda. Non sarebbe molto dirompente per lo status quo inserire semplicemente persone di diverso colore della pelle nei ruoli e nelle relazioni che esistono oggi. Quei ruoli e quelle relazioni derivano dalla matrice culturale egemonica cosiddetta “bianca”. Quindi, sì, se consideriamo questa matrice come immutabile, allora la giustizia razziale è davvero una questione di rappresentanza. Ma il problema è rompere il monopolio della bianchitudine o diventare bianchi a propria volta? Questo è ciò che l’intellettuale, poeta e scrittore nigeriano (sì, di nuovo la Nigeria!) Bayo Akomolafe rifiuta quando scrive: “Inutile dire che un costante flusso sotterraneo di disprezzo di noi stessi attraversava le nostre vite e ci spingeva verso le vette della civiltà bianca. Ci spingeva a indossare abiti a tre pezzi sotto un sole cocente, ci esortava a demonizzare le nostre tradizioni in modo da potervi raggiungere”.

In una situazione in cui una cultura ne ha sconfitta un’altra, è abbastanza comprensibile che i vinti vogliano unirsi ai vincitori. Tradizionalmente, i discorsi dei conservatori erano: “Peccato, abbiamo vinto e voi avete perso”, mentre quelli dei liberali erano: “Oh, dobbiamo essere buoni e dare un posto ai meno fortunati”. Né gli uni né gli altri mettono in discussione il fatto che quella vittoria sia desiderabile, una vittoria che diffonde in tutto il mondo la medicina e l’istruzione moderna, la politica e la scienza, il denaro e i mercati.

Qui può anche sembrare che un uomo bianco venga a dire agli altri che hanno torto a desiderare ciò che lui ha, mentre l’unico desiderio del mondo intero è quello di beneficiare della medicina moderna, dell’istruzione moderna e dello sviluppo economico. Sono gli altri a dire che questo è il loro desiderio – il caso è chiuso. Tuttavia, dobbiamo interrogarci sul contesto di questo desiderio. Se posso permettermi di citare me stesso, riporto qui di seguito un brano di The Ascent of Humanity su come distruggere una cultura e farle desiderare di essere come la nostra:

“Disgregare le sue reti di reciprocità introducendo beni di consumo dall’esterno. Erodere la sua autostima con immagini seducenti dell’Occidente. Sminuire i suoi miti attraverso l’attività missionaria e l’educazione scientifica. Smantellare i suoi modi tradizionali di trasmettere la conoscenza locale, introducendo una scolarizzazione con programmi provenienti dall’esterno. Distruggere la sua lingua fornendo questa istruzione in inglese o in un’altra lingua nazionale o mondiale. Distruggere i suoi legami con la terra, importando cibo a basso costo per rendere l’agricoltura locale non redditizia. Così si arriva a creare un popolo affamato delle scarpe da ginnastica che vanno di moda”.

Come vedete, affermare che “vogliono avere le loro Nike (cioè uno stile di vita moderno) e che è razzismo dire loro che non possono averle”, significa rifiutarsi di esaminare l’intero processo di colonizzazione.

Per favore, non usate questo come un argomento per non fare nulla di fronte alle disuguaglianze razziali nell’accesso alla medicina, al cibo, al potere e al denaro. Al contrario, si tratta di soddisfare queste esigenze senza appellarsi al modello egemonico bianco. E non prendetela come una critica a coloro che, all’interno dei gruppi oppressi, hanno lottato per avere successo nel mondo bianco. La loro è una risposta del tutto naturale alle circostanze. Quello che intendo dire è che la guarigione razziale (e la riparazione) è molto più dell’inclusione in un mondo costruito secondo il modello dei bianchi e verniciato di bianco.

“Inclusione” è una parola d’ordine del movimento antirazzista, ma non sarebbe una vittoria per l’umanità se i neri si trovassero insieme ai bianchi al comando della macchina che sfrutta l’umanità e distrugge il mondo.

Troppo spesso “inclusione” ha significato cancellazione; ha significato l’acquiescenza alla vittoria finale e globale della cultura bianca. Una vera sconfitta del razzismo non sarebbe “includere” magnanimamente gli ex emarginati nella cultura dominante, ma piuttosto porre fine del tutto ai modelli di dominio. Molti bianchi lo intuiscono, e per questo motivo aspirano a integrarsi in culture diverse dalla propria. Sebbene a volte deviato verso l’appropriazione culturale, tale desiderio deriva anche da una crescente umiltà che riconosce che la nostra cultura, dopo tutto, potrebbe non essere la migliore.

Lo stesso vale per un’altra parola d’ordine del discorso razziale, “privilegio”. Il discorso sul privilegio dice: “Voi bianchi avete un posto alla tavola del banchetto, e altri non ce l’hanno. Per di più, state beneficiando direttamente della privazione subìta dagli altri”. Sebbene sia vera, questa narrazione non dice se il banchetto merita davvero di essere consumato. Ritenendo ciecamente che questa sia la festa perfetta, diamo per scontato che giustizia, equità e progresso equivalgano a far posto a tutti alla nostra tavola, con il suo menu di medicina moderna, libero mercato, istruzione di massa e democrazia neoliberista.

Hot dog e patatine fritte

Penso che la situazione sia più simile alla seguente: di fatto, il banchetto è un’orgia di golosità, e le portate principali sono hot dog, patatine fritte e bibite. In questo sistema, le razze e le classi oppresse ricevono solo gli avanzi del banchetto: lo stesso menu, ma in quantità minore. Ricevono una versione degradata dell’istruzione liberale, della medicina moderna, della libertà politica e del resto della vita moderna. Con le dovute scuse agli amanti degli hot dog e delle patatine fritte, non è una vera soluzione estendere l’orgia di golosità a tutti. Avrebbe senso solo se hot dog e patatine fritte fossero tutto quello che c’è. In realtà, la situazione è che tutti i piatti migliori sono stati eliminati dal menu.

La giustizia non consiste nell’includere tutti nel banchetto della bianchitudine. È smettere di imporre il proprio menu a tutti gli altri e assaggiare e condividere rispettosamente i piatti degli altri per creare una varietà di banchetti in co-evoluzione.

Se gli hot dog e le patatine fritte fossero tutto quello che c’è, sarebbe meglio averli che morire di fame. Se non c’è uguaglianza in termini di ricchezza, è meglio essere ricchi che poveri. In assenza di un sistema di proprietà terriera collettiva e di un’architettura locale, è meglio potersi permettere di acquistare una casa piuttosto che essere senzatetto. In assenza di modalità comunitarie di regolazione del comportamento sociale, è meglio avere la polizia dalla propria parte. In assenza di forti tradizioni di medicina popolare, è meglio avere un’assicurazione sanitaria piuttosto che essere esclusi dall’unico sistema sanitario disponibile. In assenza di validi sistemi di produzione alimentare locale, è meglio fare acquisti al negozio di prodotti biologici piuttosto che al minimarket locale. In assenza di una forte cultura del dare, è meglio avere denaro piuttosto che non averne affatto. Nelle circostanze attuali, è meglio essere privilegiati piuttosto che non esserlo; ma il discorso sul privilegio mette implicitamente i propri valori su un piedistallo. Postula che la vita di un ricco abitante di periferia, che dispone di un’assistenza sanitaria completa, di una buona scuola, di un portafoglio di investimenti sicuri, di poliziotti amichevoli, di un ospedale moderno ben attrezzato e di cibo biologico facilmente accessibile, sia la buona vita, a condizione che tutti possano accedervi, a condizione che si possa far posto ad altri perché partecipino al banchetto della bianchitudine.

Questo tipo di vita, esteso a tutti, non è ecologicamente sostenibile. Ma il problema è più profondo. Socialmente è impossibile estenderlo a tutti, poiché la ricchezza di alcuni poggia necessariamente sulla povertà di altri. E non solo, il problema è ancora più profondo. Il banchetto della bianchitudine è privo di nutrimento reale, come dimostrano i tassi sempre crescenti dei casi di depressione, suicidio, malattia mentale, tossicodipendenza e divorzio tra coloro che hanno i posti migliori alla festa così come fra coloro che rovistano sotto alla tavola per recuperare i pezzetti di hot dog che sono stati scartati. È davvero questa la buona vita che vogliamo portare a tutti e a ciascuno?

Se vuoi trovare le persone più felici del mondo, non cercarle a Beverly Hills o negli Hamptons. Cerca invece tra gli Hadza o i Q’ero, oppure vai in un villaggio del Ghana o del Bhutan. Non è l’Occidente ad aver sviluppato nel modo migliore l’arte di essere umani.

Ciò che vale per la felicità, vale anche per la salute. Quella che potrebbe essere chiamata “medicina bianca” rivendica successi miracolosi, specialmente nel campo della medicina d’urgenza. Ma, nel complesso, è discutibile che la nostra società sia più sana delle società tradizionali. Non sono soltanto le malattie mentali e sociali ad aumentare; aumentano anche diverse malattie fisiche croniche i cui sintomi sono talvolta alleviati dalla medicina moderna, ma che quest’ultima non riesce realmente a guarire. Le malattie autoimmuni, le allergie, i disturbi metabolici e soprattutto le malattie croniche infantili stanno raggiungendo livelli senza precedenti e stanno aumentando in tutte le società, di pari passo con la loro modernizzazione. Nel 1960, l’incidenza delle malattie infantili croniche negli Stati Uniti era dell’1,8%; oggi è superiore al 50%.

L’associazione tra modernità e declino della salute è stata osservata all’inizio del XX secolo da Weston A. Price, un dentista che ha viaggiato in parti remote del mondo per studiare la salute delle persone che non erano state raggiunte dalle diete moderne. Dalle Ebridi Esterne alla Polinesia, dai villaggi Inuit agli insediamenti Masai, ha raccolto circa 15.000 fotografie e innumerevoli descrizioni della splendida salute che era la norma in queste parti del mondo: palati spaziosi con 32 denti, poche carie, nessuna malattia cardiaca, parti facili, nessuna malattia cronica, e così via. È stato solo con l’introduzione di una dieta e di uno stile di vita moderni che le malattie della modernità, che noi consideriamo normali, sono diventate comuni. Una volta che le diete e gli stili di vita “bianchi” hanno preso piede, anche la medicina bianca è stata necessaria per affrontare le conseguenze. (Ancora una volta, “bianco” fra virgolette – le culture sotto attacco erano di tutti i colori della pelle).

Con il cibo e le abitudini dei colonizzatori sono arrivate le loro malattie. Con la religione e la visione del mondo dei colonizzatori sono arrivate le loro pratiche mediche. Se la nostra “modernità” è il destino inevitabile del mondo, allora lo sono anche le malattie della modernità, sociali o fisiche. Far progredire i “sottosviluppati” significa dunque fornire loro i sistemi medici, educativi e politici che sono stati elaborati per affrontare queste malattie.

Significa anche che l’adozione della medicina tradizionale cinese o africana deve essere accompagnata da una più ampia trasformazione del proprio modo di pensare e di vivere. Nessuna delle due funziona molto bene quando è un elemento aggiuntivo a una vita altrimenti del tutto convenzionale. Questo è il motivo per cui spesso sono il punto di partenza di un allontanamento dalla vita convenzionale.

Dato il menu che la maggior parte delle persone ha a portata di mano, date le realtà della vita moderna, le cure palliative per gestire una malattia sono assai migliori di ciò che i poveri e coloro che non hanno una copertura previdenziale spesso ricevono, vale a dire nessuna cura. Nel contesto dei suoi orizzonti, il discorso sul privilegio è inconfutabile. Tuttavia, dà per scontati molti dei valori e dei presupposti del mondo stesso che sta cercando di ribaltare.

Che cosa è reale?

Uno dei modi in cui attivisti antirazzisti ben intenzionati cercano di combattere l’imperialismo ontologico di cui ho parlato sopra consiste nel lodare “altri modi di conoscere”, non razionali ed esperienziali, contrapponendoli alla scienza bianca lineare, razionale e basata sull’evidenza. Sfortunatamente, questo tentativo si scontra con lo stesso complesso di superiorità culturale che ho descritto. Non è che la medicina tradizionale cinese o i sistemi di credenze che sono alla base della pratica dell’esorcismo siano illogici o non si preoccupino delle prove. Provengono semplicemente da un diverso insieme di postulati, da una diversa teoria del cambiamento e da una diversa metafisica. E sottolineano la logica degli schemi piuttosto che la logica lineare, il pensiero sintetico piuttosto che il pensiero analitico e la teleologia piuttosto che il riduzionismo.

Quando ci si immerge in mitologie non occidentali, non scientifiche e non bianche, si incontrano rapidamente prove che le rendono reali. Il pensiero moderno sostiene che c’è la realtà e poi ci sono le credenze sulla realtà. In questo modo si trova in contrasto con altre culture in cui il rapporto tra credenza e realtà, tra soggetto e oggetto, tra nome e cosa era misterioso. Entrate in una visione del mondo, usate il suo linguaggio, eseguite i suoi rituali, e i suoi abitanti verranno ad accogliervi. Entrate profondamente nel mondo di un’autentica sacerdotessa vodù, di uno sciamano andino o di un sacerdote taoista, e sperimenterete cose che sono impossibili secondo la consueta visione scientifica del mondo.

Una volta mi è stato raccontato questo aneddoto a proposito del grande antropologo del taoismo religioso, Kristofer Schipper, che aveva fatto un lungo apprendistato presso alcuni sacerdoti taoisti a Taiwan. Nel cuore della notte, si era svegliato perché aveva sentito bussare alla sua porta. Quando aveva aperto la porta, aveva visto tre cadaveri che si muovevano e lo fissavano. “Avete sbagliato casa!“, aveva gridato; aveva sbattuto la porta ed era tornato a letto. Quando ho raccontato a un mio amico questa storia, lui mi ha detto: “Quando entri nel mondo del taoismo popolare, a volte i morti viventi ti fanno visita”. In quella mitologia, sono molto reali.

Cosa c’è di reale nella nostra mitologia (la mitologia dominante)? I virus, tanto per cominciare. (Si noti che la nostra religione – la scienza – ha i suoi eretici che non credono che il SARS-CoV-2 causi la Covid-19, e che sono trattati esattamente come tali, cioè come eretici). Di conseguenza pratichiamo tutta una serie di rituali per allontanare lo spirito maligno che chiamiamo virus. Indossiamo il più primitivo degli strumenti rituali: una maschera. Manteniamo le distanze dalle persone impure per timore che lo spirito salti da loro a noi. Passiamo attraverso procedure di santificazione come il lavaggio delle mani e le cabine di disinfezione. Le persone gravemente malate vanno in templi speciali (gli ospedali) dove accoliti altamente addestrati in abiti cerimoniali impiegano varie pozioni magiche, pasticche e dispositivi rituali. Proprio come queste procedure sono reali e sensate per noi, così le credenze e le pratiche di un’altra cultura sono reali e sensate per loro. Siamo tentati di privilegiare le nostre dicendo che non si tratta di rituali, che si basano su un rapporto reale di causa ed effetto, verificabile tramite il metodo scientifico, senza renderci conto che potremmo vivere in una mitologia che si auto-realizza.

Il periodo storico attuale è un momento di transizione per la nostra mitologia, per le narrazioni di base attraverso le quali definiamo la nostra conoscenza di noi stessi e del mondo. Dopo aver corroso le altre culture del mondo, questa mitologia ora dissolve se stessa. Gli ingredienti degli innumerevoli banchetti delle culture del mondo sono sparsi per tutta la cucina. Per riunirli in qualcosa di più ricco che mai, dobbiamo innanzitutto abbandonare l’idea che i nostri piatti siano i migliori. Una nuova mitologia è alle porte. Perché diventi realtà, bisogna avere il coraggio di lasciar andare quella vecchia, anche se una volta sembrava essere la realtà stessa. Fortunatamente, il coraggio ha un alleato: da un po’ di tempo in qua, la realtà sta crollando. Non c’è dubbio che la realtà economica e la realtà politica siano cambiate. Ma il processo di dissoluzione non si fermerà qui.

La scienza stessa sta cambiando, man mano che crollano i truismi[3] di vecchia data. Ad esempio, per tutta la mia vita ho sentito l’establishment politico-scientifico ridicolizzare la nozione di visitatori extraterrestri del nostro pianeta, spiegando, con tutto il peso dell’autorità scientifica, che gli UFO non erano altro che palloni meteorologici, gas delle paludi, illusioni e bufale. Oggi, anche il New York Times e la Marina Militare degli Stati Uniti riconoscono l’esistenza di numerose testimonianze di osservatori qualificati, relative a fenomeni aerei che vanno ben oltre le attuali capacità della nostra tecnologia. Anche i presupposti metafisici di base della scienza vacillano. I più importanti sono l’indipendenza dei fenomeni dall’osservatore e l’isolabilità delle variabili. Pensate alla non-località quantistica e al paradosso della misurazione, o all’emergenza non lineare e all’ordine del caos, oppure approfondite argomenti come l’effetto placebo, la memoria dell’acqua, i fenomeni psi, il metodo Bengston,[4] ecc., e la scienza, inclusa la scienza medica, vi apparirà sempre più simile a quei sistemi di conoscenza che per molto tempo ha screditato.

Invece che portare altre tradizioni alla nostra tavola, il futuro può farci lasciare la nostra tavola per essere accolti da altri.

Ciò che vale per la scienza e la medicina si estende al resto della vita. Mentre i nostri sistemi politici si guastano, continueremo a cercare di imporli al resto del mondo? Mentre i nostri sistemi agricoli, altamente dipendenti dalla chimica e dalle macchine, falliscono, continueremo a imporli all’Africa? Potremmo invece riconoscere il bisogno urgente di tutte quelle cose che ho elencato sopra come assenti, potremmo lasciar andare il complesso di superiorità e adottare l’umiltà necessaria per imparare di nuovo la medicina popolare, i sistemi alimentari locali, l’economia del dono, l’educazione basata sull’esperienza, le pratiche rituali e di preghiera, e la mentalità e le percezioni necessarie per vivere in armonia l’uno con l’altro e con la terra.

È vero che questa conoscenza non è detenuta esclusivamente dalle comunità di colore, ma la cultura dominante che chiamiamo cultura “bianca” l’ha a lungo cancellata o ignorata. Fortunatamente, questa conoscenza vive in quelle che Orland Bishop chiama “culture della memoria”: culture indigene, tradizionali ed emarginate, così come tradizioni nascoste all’interno della cultura dominante. Dopo tutto, la civiltà occidentale potrebbe non aver conquistato definitivamente il mondo. Il fenomeno della conquista è solo temporaneo. Le culture apparentemente sconfitte sono ancora lì, in attesa che le nostre si esauriscano. Alcune sopravvivono in luoghi remoti e relativamente incontaminati. Altre sopravvivono in culture come quelle dell’India e della Cina, che erano troppo grandi per essere completamente occidentalizzate, e tra le minoranze che hanno resistito alla completa assimilazione (sotto forma di pratiche come il vodù). Altre ancora sono inserite all’interno della cultura dominante, impresse nelle sue tradizioni di saggezza, nei suoi usi e costumi, nelle sue superstizioni, nelle sue classi subalterne e nelle sue controculture. Anche popoli che sembrano essere stati totalmente sterminati hanno gettato semi per il futuro, impregnando la terra di una saggezza che può ancora essere recuperata, come semi antichi in attesa del diluvio che si verifica ogni mille anni. Queste culture della memoria forniscono gli ingredienti e i libri di cucina con cui l’umanità, collettivamente, potrebbe preparare una vera festa.

Fonte: Charles Eisenstein, “The Banquet of Whiteness”, 20 agosto 2020.

Traduzione di Isabella Nutini Rey e Adele Cozzi.

[1] N.d.t. – Un nuovo culto, nato in antitesi alla chiesa cattolica, che riunisce i fedeli sotto il segno di un dio dalle sembianze di uno spaghetto che vola.

[2] N.d.t. – “The White Man’s Burden” è il titolo di una famosa poesia di Rudyard Kipling pubblicata nel 1859, spesso utilizzato per riferirsi alla necessità di civilizzare, anche con la forza, i paesi estranei alla tradizione europea.

[3] N.d.t. – Verità ovvie e indiscutibili di cui appare superflua ogni spiegazione.

[4] N.d.t. – William Bengston, PhD, è professore di sociologia al St. Joseph’s College di New York. Poco più che ventenne, ha ottenuto una guarigione tramite la pranoterapia (hands-on healing), che ha posto fine al suo mal di schiena cronico. Razionalista auto-proclamato, ha iniziato un’indagine di 35 anni che lo ha reso uno dei principali ricercatori di oggi sul mistero e il potere della medicina energetica. È autore di Hands-On Healing e di The Energy Cure.